Luna rossa, raggio verde

Strani eventi sono stati a lungo legati alle notti di luna piena, anche se un attento esame dissipa qualsiasi strana associazione. Così, quando strani segnali rimbalzavano sulla superficie lunare nelle notti di luna piena, gli scienziati hanno cercato una spiegazione affidandosi alla logica piuttosto che alla superstizione. 

Eppure, la prova più convincente è arrivata durante un altro evento che, un tempo evocava paure irrazionali, in una notte in cui l'ombra della Terra ha eclissato la luna piena. 

Tom Murphy, un fisico dell'università di San Diego, è tra gli scienziati che controllano i riflettori di raggi laser delle dimensioni di una valigia posizionati sulla Luna dagli astronauti delle missioni Apollo e dai rover sovietici senza equipaggio. Cronometrando il tempo di ritorno della luce alla Terra, Murphy può misurare la distanza da qui alla luna con precisione millimetrica.

Nel corso del tempo, i segnali restituiti dai riflettori, già inizialmente deboli, sono ulteriormente diminuiti d'intensità. Dal New Mexico vengono inviati impulsi laser di 100 quadrilioni di fotoni, di cui, in media, un singolo fotone ritorna. L'atmosfera terrestre devia parte dei fotoni che colpiscono il suolo lunare, e i riflettori leggermente diffrangono il raggio di ritorno in modo che la maggior parte dei fotoni vanno "persi".

Anche dopo la contabilizzazione di queste perdite, la squadra di Murphy registra dieci volte meno fotoni di quello che si aspettava. E nelle notti di luna piena è ancora peggio, scendendo a solo all'1 per cento delle prestazioni previste.

Il team ha scherzosamente soprannominato questa performance scadente "la maledizione della luna piena", dice Murphy. "Per un po' abbiamo pensato che eravamo solo vittime della sfortuna, ma la tendenza è proseguita, mese dopo mese."

Murphy pensa che la polvere lunare accumulata potrebbe spiegare i rendimenti diminuiti, il che potrebbe è ovviamente una brutta notizia per chi progetta di collocare telescopi sulla Luna. Anche se non c'è vento sulla luna, forze elettrostatiche e un costante bombardamento da piccoli meteoriti avrebbero sollevato un po' della polvere lunare che si è appoggiata sulla superficie dei prismi di vetro disposti in ogni riflettore.

La luce deve passare attraverso la superficie di ciascun prisma due volte: all'andata e al ritorno. Murphy ha calcolato che basterebbe che la polvere coprisse il 50 per cento del vetro per spiegare l'oscuramento del segnale di ritorno che si osserva.

Ma qualcos'altro, qualcosa oltre il semplice oscuramento è necessario per spiegare la drammatica caduta di intensità nelle notti di luna piena. Murphy pensa che sia il calore.I prismi sono infatti inseriti in cilindri in modo che il sole li illumina pienamente solo quando splende perpendicolare alla loro base. Questo, considerato che i cilindri sono rivolti verso la terra, succede solo nelle notti di luna piena. Quando lo fa, la polvere scura della regolite lunare si riscalda, creando un gradiente termico tra la superficie e la base dei prismi. Ciò ha conseguenze sul loro funzionamento alterando l'indice di rifrazione, trasformando il prisma in una lente divergente e facendo in modo che soli pochi fotoni ritornino al telescopio.

Questa spiegazione è una bella idea perché genera la cosa che gli scienziati probabilmente amano di più: una previsione verificabile. Se lo scarso rendimento nelle notti di luna piena provocato dal riscaldamento della superficie dei prismi, "spegnere la luce" dovrebbe amplificare il segnale.

Tutto quello che resta da fare è spegnere il Sole. O più semplicemente attendere che la Terra passi tra il Sole e la luna, come fa durante un'eclisse lunare. Nella notte del 21 dicembre 2010, il team di Murphy avuto la fortuna di avere condizioni di osservazione ideali durante un'eclisse lunare.

Come previsto, hanno registrato un picco in termini di prestazioni, quando l'interruttore della luce celeste è stato "azionato", come il team ha recentemente riferito sulla rivista scientifica Icarus.

Allora perché, potrebbero chiedersi gli scettici, se la polvere di luna si sposta, si possono ancora vedere le orme lasciate dagli astronauti decenni fa? Murphy ha un calcolo anche questo: al tasso di deposito che si è verificato per oscurare i riflettori, ci vorrebbero decine di migliaia di anni per cancellare le impronte.